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Una tranquilla passeggiata nei campi può arricchirsi se vogliamo, di un bagaglio di conoscenza legata al mondo botanico ed erboristico consentendoci con la raccolta di piante commestibili, di usufruire non solo di potenti rimedi fitoterapici senza doverli acquistare, ma addirittura di adoperarli con dovizia e creatività in cucina. La pratica del “foraging”, che significa raccolta, appunto, soprattutto delle specie selvatiche, rappresenta un dono della natura e ci conduce direttamente alla radice del sapore, evolvendo le piante da umile surrogato di fondamentale utilità in tempo di carestia (da qui il termine alimurgiche), a veri e propri piatti da “gourmet”.

Sebbene questa usanza sia diffusa da sempre, la prima comparsa ufficiale della parola “fitoalimurgia” risale al 1767 ad opera di Giovanni Targioni-Tozzetti, medico fiorentino ed allievo del botanico Pier Antonio Micheli, che in alcune pubblicazioni riportava notizie riguardanti gli alimenti utilizzati dalla popolazione per sfamarsi durante le carestie, le pestilenze, le guerre e le calamità naturali. Nell’ultimo secolo e fino all’immediato dopoguerra, la raccolta delle erbe commestibili continuava ad essere molto diffusa in tutta Italia, fenomeno tuttavia principalmente circoscritto alla cultura contadina.

Con l’industrializzazione e il boom economico, tale pratica è stata messa in disparte per ritornare in auge con l’avvento della “green policy” dagli anni ’70, passando quindi da una lotta senza quartiere contro le erbe infestanti, per giungere alla completa riabilitazione agronomica, culturale e ambientale delle piante spontanee. Del resto anche la stessa “dieta mediterranea” conduce, se vogliamo, ad un’alimentazione povera ma preziosa, ricca di elementi minerali e di numerose virtù nutraceutiche, come confermato anche da uno studio dell’Università di Pisa pubblicato sulla rivista “Scientia Horticolturae” del 2016.

Poiché si assiste sempre più ad un rinnovato interesse per le erbe spontanee, per via anche della crescente domanda di cibi genuini, molte sono le iniziative, tra cui numerosissime sagre a livello locale, che si occupano di far rivivere i saperi e gustare i sapori dei piatti delle varie tradizioni culinarie anche per salvaguardare la biodiversità dei territori e l’identità culturale delle popolazioni.

Si tratta di restituire al futuro quelle antiche pietanze che generazioni contadine stanno portandosi nella tomba, ripensando e riattualizzando il concetto di “foraging” con la nostra cucina amatoriale, mettendo alla prova la creatività e la vena artistica di ognuno armonizzandola con le pratiche di condivisione e piacere socializzato.

R.A