Con il termine Micoterapia si vuole indicare oggi quella disciplina terapeutica che utilizza gli estratti di funghi medicinali per il benessere e la salute.
Nel passato sono molte le specie di funghi utilizzate dalle medicine popolari per le loro proprietà curative. In particolare, in Cina, gli imperatori delle grandi Dinastie Reali, usavano bere decotti e tè di funghi per aumentare il loro stato di vitalità e longevità. Questa usanza era talmente presa in considerazione, che ingerendo il Reishi o Ling zhi si pensava potesse conferire l’eterna giovinezza, tanto da considerarlo al pari di una divinità.

l’antica Dea Reishi Senshi
Nella Materia Medica di Li Shizhen durante la dinastia Ming viene descritto così l’uso del Ling zhi: “…sostiene positivamente l’energia vitale e il Qi del cuore…”. Il Qi nella Medicina Tradizionale Cinese rappresenta quel concetto filosofico e spirituale di energia vitale dell’individuo, che circola in tutti i canali del corpo. Il sistema MTC rappresenta un linguaggio completamente diverso da quello occidentale, dove l’organismo viene inquadrato come un ecosistema dinamico in equilibrio con la natura e il sintomo non viene mai trattato come malattia isolata, ma un squilibrio da correggere nel sistema.
Differentemente, nella civiltà occidentale greco-romana e in molte altre, non troviamo testimonianze dei funghi in associazione alla salute, perchè essi erano circondati da un alone di leggenda e mistero. Infatti il fungo, seppur apprezzato per le sue qualità culinarie, diventò per i Romani anche simbolo di morte, (dal latino funus=morte e ago=porto,portare). Si possono citare nella storia alcuni eventi degni di nota, che potrebbero aver contribuito alla loro fatale reputazione per l’essere umano; l’imperatore Claudio, ghiotto di funghi, fu avvelenato dalla moglie Agrippina e morì dopo ben dodici ore di agonia proprio a causa di questi. Probabilmente, si narra che anche Papa Clemente VII, esponente della famiglia dei Medici, fu avvelenato per mano dei suoi nemici, dopo aver ingerito un’Amanita phalloides (fungo mortale).
Tra gli eventi negativi associati ai funghi, troviamo però l’unica testimonianza a favore scritta che ci viene da Pedacio Dioscoride, medico sotto gli imperatori Claudio e Nerone, nella sua opera “De Materia Medica”, nel 65 a.C., dove parla del fungo Fomitopsis officinalis per il trattamento della tubercolosi. Anche Plinio il Vecchio (23-79 d.C), a cui dobbiamo l’opera più importante del periodo greco-romano sulle scienze naturali, “Historia naturalis”, una raccolta del sapere naturalistico dell’epoca, scrive così della velenosità dei funghi:…”in vicinanza di chiodi, ferri arrugginiti e panni fradici, nelle vicinanze di qualche tana di serpente, perchè la loro natura è di assorbire qualunque tipo di sostanza velenosa”; lasciando intendere che si dovrebbero sviluppare determinate reazioni e condizioni ambientali per la loro tossicità e dunque pericolosità.

Fomitopsis Officinalis
Tutti questi pregiudizi, le inesattezze e frammentarietà di informazioni riferite ai funghi, hanno influenzato le popolazioni europee nei secoli successivi, dove tra l’altro gli ufficiali della Chiesa erano convinti che i guaritori del popolo che applicavano cure naturali a base di erbe e particolari preparati medicamentosi, fossero dei veri e propri praticanti di religioni pagane, accusati di stregoneria, venivano quindi molto spesso perseguitati. Con l’arrivo del Rinascimento, il lavoro medico seguì un approccio più moderno e scientifico, abbandonando completamente i rimedi popolari, considerati antiquati e superati.
Con questo non si vuole dire che i funghi non sono stati mai utilizzati nella storia passata della medicina occidentale, anzi, ma che sicuramente hanno vissuto un excursus totalmente differente da quello della medicina orientale.
Dobbiamo arrivare solo nel XIX secolo dove Robert Koch prima con la teoria microbica delle malattie e Luigi Pasteur dopo, danno vita alla nascita della microbiologia; ovvero quella branca della biologia che studia la struttura e le funzioni di quei microrganismi non visibili ad occhio nudo. Da quegli anni si concentrarono tutti gli studi su questo paradigma scientifico, tralasciando la visione meccanicistica del caso, le nuove scoperte cambieranno il decorso della storia e della visione della medicina. Infatti nel 1897, il francese Duchesne dimostrò il potere batteriostatico di alcune muffe, nel 1928 grazie ad Alex Fleming si identificò la muffa Penicillium notatum, che però non riuscì ad isolare la sostanza battericida che chiamò penicillina. Furono invece nel 1939, il patalogo Howard Florey ed il chimico Boris Chain a isolare e purificare la penicillina. Nel 1941 Florey riuscì a convincere il governo statunitense a intraprendere una produzione industriale di Penicillium notatum. Al debutto sul fronte di guerra, i risultati della penicillina furono così sorprendenti che venne immessa da lì a poco sul mercato farmaceutico generale come antibatterico nelle infezioni. Grazie alla scoperta degli antibiotici, il tasso di mortalità da infezioni batteriche si ridusse del 5%. A Florey, Chain e Fleming fu assegnato nel 1945 il Nobel per la medicina.

Penicillium notatum

Alex Fleming, premio nobel nel 1945
Continuando su questa strada, nel 1969, Hans Peter Frey prelevò un paio di campioni dal suolo contenente microfungi della Norvegia e li portò In Svizzera per esaminarli. Da i campioni analizzati in laboratorio fu isolato il Tolypocladium inflatum. Questo fungo però differentemente dal genere Penicillium non aveva alcun effetto antibatterico; dopo un’analisi chimica molto complessa, la sostanza attiva isolata che fu scoperta prese il nome di Ciclosporina A. Una scoperta che segnò una nuova era per la medicina dei trapianti. La Ciclosporina A fu introdotta in medicina negli anni ’70 dopo un trapianto di organi per ridurre il rigetto del trapianto. Era infatti in grado di inibire la reazione di difesa del sistema immunitario con un meccanismo d’azione che si basava sulla capacità della ciclosporina di interferire con la biosintesi delle linfochine. I farmaci contenenti ciclosporina A furono raccomandati inoltre per le malattie autoimmuni, come potenziale per il trattamento dell’artrite reumatoide, del diabete di tipo I e dell’HIV-1.
Sempre negli anni ’70, dal fungo Coriolus versicolor (Trametes), venne estratta una sostanza che prese il nome di Krestina (PSK), che diventò poi il principio attivo fondamentale del farmaco Krestin, il più venduto farmaco neoplastico in Giappone usato per i pazienti oncologici in associazione con la chirurgia, la chemioterapia e la radioterapia.

Coriolus versicolor

Tolypocladium inflatum
Il 6 gennaio del 2000 la Food and Drug Administration, ente governativo americano che si occupa della regolamentazione di prodotti alimentari e farmaceutici, riconosce i funghi medicinali con le seguenti dichiarazioni:
- potenziamento della funzione immunitaria
- mantenimento dei livelli di colesterolo
- coadiuvante nella dieta per il mantenimento dei livelli di glucosio nel sangue
Agaricus, Cordyceps, Reishi, Maitake, Hericium, Shiitake, sono solo alcuni tra i più noti funghi medicinali utilizzati come integratori alimentari. Negli ultimi venti anni, in Occidente, l’interesse per i funghi è notevolmente aumentato, dove il punto di vista è sicuramente differente dalla cultura orientale. Infatti la visione occidentale è più focalizzata a cercare lo studio di sostanze presenti che poi vengono isolate, dunque sull’aspetto biochimico e sulla ricerca dei loro meccanismi d’azione.
I beta-glucani per esempio, sono dei polisaccardi particolarmente abbondanti nei funghi, presenti in buone quantità anche nelle alghe e in cereali come avena, orzo e grano. Sono delle molecole responsabili in grado di attivare la risposta immunitaria attraverso l’interazione coi macrofagi, sono in grado di stimolare la produzione di citochine, bloccando gli agenti esterni patogeni. I polisaccaridi non agiscono dunque direttamente sulle malattie, ma piuttosto potenziano la risposta immunitaria, che diventa più veloce ed efficiente. Un legame stretto tra beta-glucano e macrofago scoperto nel 1980 dal Dr. Joyce Czop dell’Università di Harvard.
Ma il meccanismo d’azione dei beta-glucani non è solo sul sistema immunitario. L’USDA per esempio, condusse uno studio per determinare se l’aggiunta di queste molecole alla dieta avessero la capacità di ridurre i valori di colesterolo ematico. Ci sono due teorie: la prima è che i beta-glucani intrappolino gli acidi biliari costituiti da colesterolo e di conseguenza li eliminino, la seconda invece, è collegato al fatto che i beta-glucani sembrerebbero diminuire la produzione di colesterolo da parte del fegato. Alcuni ricercatori ritengono infatti che l’alimentazione moderna fatta di cibi conservati e fast food, che è povera di 1-3 beta-glucani presenti in funghi e cereali integrali possa aver generato infiammazioni croniche che sono terreno fertile per malattie come il cancro, l’artrite, l”allergia e molte altre.
Tra il fascino e il mistero del passato e gli studi della letteratura oggi presenti, possiamo finalmente dire che l’uomo ha a sua disposizione un nuovo mezzo terapeutico che sarà oggetto nei prossimi anni di importanti ricerche scientifiche; dove i tempi del pregiudizio e delle leggende sembrano ormai lontani.
A.F.
Bibliografia: “Stefania Cazzavillan – Funghi Medicinali dalla tradizione alla scienza”