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Il solstizio d’inverno si verifica quando uno dei poli terrestri raggiunge la massima inclinazione rispetto al sole. E’ il giorno più corto dell’anno, dove il buio trionfa sulla luce; la natura rallenta ed il regno vegetale si ritrova nel ciclico riposo vegetativo, gli animali sono pronti per il letargo e dunque anche noi esseri umani per essere in equilibrio ed in sintonia con il tutto dovremmo valutare di moderare i nostri ritmi.

Sono le Conifere, come piante sempreverdi, a rappresentare sicuramente uno dei messaggi più simbolici dell’inverno e del periodo natalizio in arrivo poichè associate all’idea di immortalità. Se l’Iperico è la pianta caratteristica del solstizio d’estate, l’Abete è invece posto a guardia del solstizio d’inverno, il giorno in cui l’anno si rinnova, è l’albero della fertilità e della nascita. Infatti fin dall’antico Egitto, per poi passare alla civiltà greca, dove l’Abete bianco era sacro alla dea Artemide, cioè alla Luna, veniva considerato come albero protettore delle nascite.

Il legame tra quest’albero ed il solstizio d’inverno è riportato anche nelle tradizioni celtiche e germaniche; era usanza pagana nel Medioevo durante il periodo che anticipava le feste solstiziali, recarsi nel bosco per tagliare un Abete rosso, che portato a casa veniva decorato con ghirlande, candele e uova dipinte e così si trascorreva la notte allegramente, tra banchetti ed eccessi di ogni genere. Ovviamente questo tipo di costume non era ben visto inizialmente dal Cristianesimo, che condannava gli eccessi orgiastici di quella notte. Solo nel XIX secolo fu adottato in Francia e poi negli altri paesi europei; nel 1840 la principessa Elena di Mecklenburg, che sposò il duca di Orlèans, figlio di Luigi Filippo, introdusse per la prima volta in Europa l’albero di Natale nelle Tuileries, suscitando la sorpresa generale della Corte. L’Abete è dunque riconosciuto oggi come l’albero simbolo delle festività natalizie in tutto il mondo, ma la nascita della tradizione è germanico-scandinava.

Con il Cristianesimo si diffuse l’usanza nei paesi latini di decorare l’Abete bianco o quello rosso per Natale, a simboleggiare la nascita del Cristo, dove gli addobbi dell’albero vengono cristianamente interpretati come lumini che simboleggiano la Luce che il Cristo distribuisce generosamente all’umanità, i dolciumi appesi ai rami e i regalini raccolti ai suoi piedi invece il simbolo della Vita spirituale e dell’Amore che Egli ci offre. Il significato profondo del radunarsi la notte di Natale, sotto l’albero di Abete, per noi cristiani, è dunque da ritrovarsi nel godere della sua linfa vitale ed essere pervasi dal suo amore.

Nel Rinascimento gli abeti furono riconosciuti ed apprezzati anche come piante medicinali. Castore Durante, uno dei più famosi medici e botanici di quel periodo storico, nel suo Herbario Nuovo parla così delle virtù dell’Abete: [“La polvere delle frondi bevute con vino rosso, ò con acqua ferrata al peso d’una dramma ristringe i flussi, & la dissenteria, & bevuta con ova fresche ferma la “scolation delle reni”.] E ancora Durante menziona la resina d’Abete detta “Lagrimo dell’Abeto”, conosciuto come “olio d’avezzo” o “olio d’abezzo”, un rimedio in grado di “[…cacciare fuori le ventosità, & è medicina sicurissima per i dolori colici, per cacciar fuori le renelle, & per prohibire la generazione loro: muove piacevolmente il corpo, provoca l’orina & conferisce à dolori di nervi, & delle gionture”…]. Innumerevoli sembrano essere i disturbi e le malattie curate con l’Abete, di cui ne sono a conoscenze anche molti altri autori del passato. In Medicina popolare, nelle nostre aree alpine e prealpine, per esempio, era usato l’infuso delle gemme di Abete e bevuto per contrastare il catarro e disinfettare le vie urinarie; anche la resina di questa conifera, come di altre, veniva applicata localmente per trattare soprattutto il catarro. Le foglie invece dopo essere cotte, venivano pressate ed applicate per fare cataplasmi sulle piaghe suppuranti.

Abies alba, l’Abete bianco, è sicuramente più noto per i suoi utilizzi rispetto all’Abete rosso, del genere Picea, dove si impiegava tendenzialmente solo la resina, che prende il nome di  “pece di Borgogna”, simile a quella del pino, ma che si distingue per una maggiore purezza. Alla droga della resina di Abete rosso sono riconosciute proprietà rubefacenti. Dell’Abete bianco s’impiegano invece le foglie, la resina e le gemme. Dalla sua resina si ricava la “trementina d’Alsazia”, un liquido dalla consistenza sciropposa, che contiene principalmente olio essenziale, acidi renosi e sostanze amare a cui erano riconosciute proprietà in grado di espellere i calcoli epatici. Nonostante risultino essere diverse le sue parti medicamentose per uso tradizionale, oggi purtroppo l’Abete bianco è una specie vegetale a scopo terapeutico in parte dimenticata. Si menziona comunque ancora l’utilizzo in particolare dell’olio essenziale, ricavato dai giovani rametti e dagli aghi, contenente prevalentemente terpeni (santene, a-pinene, limonene ecc.), al quale vengono riconosciute proprietà antisettiche, balsamiche ed antipiretiche e del suo macerato glicerico, ottenuto dalle gemme fresche, che trova impiego principalmente grazie alla clinica sperimentale di Pol Henry, nel consolidamento delle fratture, nel trattamento dell’osteoporosi, nella carenza del metabolismo del calcio e nelle anemie, ma possiede anche un importante utilizzo pediatrico; è consigliato in caso di ritardo nella crescita staturo-pondurale del bambino, nelle adenoidi, tonsilliti, rinofaringiti recidivanti con presenza di ipertrofia linfonoidale.

Che sia bianco o rosso, in entrambi i casi possiamo considerare comunque l’Abete, albero guardiano del solstizio d’inverno, le cui foglie sempreverdi accolgono la giornata più corta dell’anno, godendo di una segnatura legata all’immortalità e alla rinascita nella Luce.

A.F.

Bibliografia:

Gabriele Peroni – Driope ovvero il patto tra l’uomo e la natura

Alfredo Cattabiani – Florario: miti, leggende e simboli di fiori e piante