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Lo stress fa parte della nostra vita di tutti i giorni, ma è importante conoscere ed essere in grado di utilizzare gli strumenti che abbiamo a disposizione per affrontarlo, poichè altrimenti se protratto nel tempo, potrebbe portare allo sviluppo di una varietà di malattie correlate, tra cui ipertensione, ansia, depressione, compromissione della memoria e sindrome da stanchezza cronica (CFS).

 

Fu l’endocrinologo canadese, Hans Selye, che nel 1930 durante alcune ricerche sui ratti da laboratorio, scoprì che questi topi caduti casualmente sul pavimento ed inseguendoli successivamente per tutta la stanza per riprenderli, dopo diversi mesi, avrebbero sviluppato ulcera peptica, ghiandole surrenali notevolmente ingrossate, che sono la fonte importante di due ormoni dello stress e tessuti immunitari notevolmente rimpiccioliti. Egli descrisse questo tipo di fenomeno come stress e propose una teoria, che prese il nome di sindrome generale di adattamento (SGA). La SGA esaminava le conseguenze dei fattori dello stress sull’organismo sano ed era composta da tre fasi: una prima fase di allarme, caratterizzata dalla sorpresa e dall’ansia di quando una persona è esposta ad una nuova situazione. Il corpo durante questa fase reagisce producendo adrenalina e noradrenalina. La seconda fase di resistenza, è invece chiamata di adattamento ed è mediata dalle corticosurrenali tramite la produzione di cortisolo, conosciuto anche come l’ormone dello stress. L’ultima e terza fase della SGA è la fase di esaurimento, dove si assiste alla perdita di capacità adattiva, anche a volta indicato come un disadattamento surrenale, che può portare alla perdita di omeostasi tramite uno squilibrio dei nostri sistemi biologici.

Sindrome Generale di Adattamento (SGA) del Selye

Il suo ragionamento suggeriva quindi che ogni organismo deve essere in grado di adattarsi all’ambiente e alle condizioni sociali che sono stressanti e potenzialmente in pericolo di vita. Catecolamine, glucocorticoidi e citochine rispondono in primo luogo per aiutare il corpo ad adattarsi ai fattori dello stress attivati dall’asse ipotalamo, ipofisi, surrene (HPA). L’effetto a breve termine di questi mediatori è assolutamente protettivo, ma se lo stress perdura nel tempo, diventando cronico, può addirittura sopprime la risposta immunitaria. Gli effetti a lungo termine dello stress alterano dunque la nostra capacità di mantenere un’armonia ed un sano equilibrio, contribuendo allo sviluppo di malattie croniche ed all’accelerazione dei processi di invecchiamento.

            il dottor Hans Selye

Il ritmo frenetico della vita di oggi, contribuisce ad un aumento della produzione e al rilascio prolungato degli ormoni dello stress, adrenalina e cortisolo. Uno dei modi migliori e più potenti per abbassare i livelli di cortisolo in eccesso, riportare il corpo in uno stato di omeostasi e ridurre gli effetti dannosi dello stress è l’utilizzo degli adattogeni; queste sostanze naturali sono in grado di modificare positivamente la nostra risposta allo stress, aiutando a prevenire molti problemi di salute.

Nella Fitoterapia, il termine adattogeno, viene applicato per qualsiasi delle numerose piante che forniscono una resistenza non specifica a molteplici e diversi fattori stressogeni, tra cui quelli chimici, biologici e fisici, in modo tale da aiutare il paziente ad adattarsi allo stress e a normalizzare le sue funzioni fisiologiche globali. La Medicina Cinese si riferiva a questa classe di piante e sostanze come rimedi superiori, tra cui configuravano anche quattro funghi medicinali, che potevano essere utilizzati per tutta la vita, senza alterare l’equilibrio dell’organismo. Erano considerate efficaci per aumentare le capacità fisiche e mentali, ridurre la fatica migliorando la resistenza alle malattie e per promuovere l’allungamento della vita, anche i soldati cinesi usavano questo tipo di erbe prima di andare in battaglia. Nel 1932, è grazie al Dr. Lazarev, il quale si rese conto degli effetti dannosi a lungo termine di anfetamine ed altri stimolanti usati sui soldati, che finita la seconda guerra mondiale, concentrò per primo l’attenzione sulle alternative naturali. Si scoprì che l’effetto degli adattogeni è diverso e privo di effetti collaterali rispetto a quello degli stimolanti convenzionali del SNC, che invece esauriscono le risorse energetiche ed i nutrienti plastici dell’organismo, presentando anche effetti collaterali negativi come la sindrome di astinenza da droghe.

Rhodiola rosea, una delle piante adattogene più famose ed utilizzate

Gli adattogeni sono dunque delle sostanze innocue e non devono perturbare assolutamente le funzioni del corpo umano dai loro normali livelli, ma piuttosto esercitare influenza riequilibrante su di uno stato patologico, indipendentemente dalla sua natura. In conclusione, le droghe adattogene vegetali, hanno raramente un effetto pronunciato su di un organo specifico o sistema, ma aiutano a modulare le funzioni dei nostri sistemi biologici, mantenendo l’omeostasi ed uno stato di salute generale.

A.F.

Bibliografia:

https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S2222180812602072